Sanaa, una di noi. Uccisa perché libera.
di Barbara Spinelli
L’Altro, 17.09.2009
La forza di rompere le catene e scegliere la propria felicità ha un
prezzo, che ogni donna rischia di pagare quando prende in mano il timone
della propria vita.
prezzo, che ogni donna rischia di pagare quando prende in mano il timone
della propria vita.
Che si tratti di scegliere di amare un uomo che odora di altri
profumi o prega un altro dio, che si tratti di lasciare un uomo che
soffoca le nostre aspirazioni nella tomba della quotidianità della fede
che porta al dito, che si tratti di volere un figlio sapendo che quello
stronzo che ci ha assunte userà quella lettera in bianco che ci ha fatto
firmare stroncando la nostra carriera, che si tratti di voler diventare
velina costi quel che costi, quando una donna decide e afferra in mano
la propria esistenza, spesso paga un prezzo troppo alto, un surplus di
sofferenza, di morte, fisica, psicologica e sociale, “in quanto
donna”.
profumi o prega un altro dio, che si tratti di lasciare un uomo che
soffoca le nostre aspirazioni nella tomba della quotidianità della fede
che porta al dito, che si tratti di volere un figlio sapendo che quello
stronzo che ci ha assunte userà quella lettera in bianco che ci ha fatto
firmare stroncando la nostra carriera, che si tratti di voler diventare
velina costi quel che costi, quando una donna decide e afferra in mano
la propria esistenza, spesso paga un prezzo troppo alto, un surplus di
sofferenza, di morte, fisica, psicologica e sociale, “in quanto
donna”.
Femminicidio. La prima causa di morte per le donne nel mondo, in
Italia. La prima causa di infelicità. Femminicidio: ogni pratica sociale
discriminatoria o violenta, rivolta contro la donna “in quanto donna”,
nel momento in cui la stessa sceglie di autodeterminarsi e di non
aderire passivamente al ruolo sociale scritto per lei dalla società
patriarcale (brava madre, moglie, figlia, oggetto sessuale), posto in
essere col fine di annientarla fisicamente, psicologicamente, nella sua
libertà e posizione sociale.
Italia. La prima causa di infelicità. Femminicidio: ogni pratica sociale
discriminatoria o violenta, rivolta contro la donna “in quanto donna”,
nel momento in cui la stessa sceglie di autodeterminarsi e di non
aderire passivamente al ruolo sociale scritto per lei dalla società
patriarcale (brava madre, moglie, figlia, oggetto sessuale), posto in
essere col fine di annientarla fisicamente, psicologicamente, nella sua
libertà e posizione sociale.
Sanaa era una di noi.
Quello che ci accomuna tutte è che prima o poi, in qualche forma,
ci troveremo a dover combattere, faccia a faccia con l’odio di un
maschio incapace di accettare la nostra capacità di scegliere in
autonomia cosa fare della nostra vita, del nostro corpo.
ci troveremo a dover combattere, faccia a faccia con l’odio di un
maschio incapace di accettare la nostra capacità di scegliere in
autonomia cosa fare della nostra vita, del nostro corpo.
Noi lo sappiamo, che il resto -colore della pelle, religione,
depressione, passione, disoccupazione- è solo una giustificazione
apparente di questo odio, la circostanza in cui esso si manifesta, non
certo la causa fondante.
depressione, passione, disoccupazione- è solo una giustificazione
apparente di questo odio, la circostanza in cui esso si manifesta, non
certo la causa fondante.
Sanaa uccisa prima di tutto perché ha disobbedito a suo padre. Ha
pagato con la vita. Come Irene, uccisa dal padre in agosto perché non
gli piacevano le sue amicizie e le sue serate a base di eroina. Come la
figlia di Giorgio Stassi, che in maggio si è vista ammazzare da suo
padre il ragazzo perché non voleva che si vedessero. Come Sabrina, che
in aprile ha visto il padre Pier Luigi Chiodini abbattere a sprangate il
ragazzo che lui non voleva per lei davanti ai suoi occhi. Qualche nome,
per non dimenticare. Perché è comodo rimuovere facce, nomi, storie di
altre di noi che hanno pagato con la vita le loro scelte di libertà, o
l’incapacità di liberarsi da uomini che le opprimevano.
pagato con la vita. Come Irene, uccisa dal padre in agosto perché non
gli piacevano le sue amicizie e le sue serate a base di eroina. Come la
figlia di Giorgio Stassi, che in maggio si è vista ammazzare da suo
padre il ragazzo perché non voleva che si vedessero. Come Sabrina, che
in aprile ha visto il padre Pier Luigi Chiodini abbattere a sprangate il
ragazzo che lui non voleva per lei davanti ai suoi occhi. Qualche nome,
per non dimenticare. Perché è comodo rimuovere facce, nomi, storie di
altre di noi che hanno pagato con la vita le loro scelte di libertà, o
l’incapacità di liberarsi da uomini che le opprimevano.
Se è facile riconoscere il razzismo, sembra che ci sia un impegno
collettivo per rimuovere l’esistenza del sessismo.
collettivo per rimuovere l’esistenza del sessismo.
Facile parlare di omicidi culturali, guerra di religione, e
ignorare sistematicamente che dietro ogni donna morta per amore, o per
religione, c’è un uomo che l’ha uccisa convinto che lei non avesse
diritto di scegliere da sola.
ignorare sistematicamente che dietro ogni donna morta per amore, o per
religione, c’è un uomo che l’ha uccisa convinto che lei non avesse
diritto di scegliere da sola.
E’ violenza di genere, che trova la sua causa nel mancato
riconoscimento da parte dell’assassino del fatto che quella donna che ha
davanti non è una sua appendice, un essere sottoposto al suo volere, ma
è una Persona la cui dignità e libertà di scelta va rispettata. Una
Persona con cui mettersi in relazione, non da correggere, proteggere,
educare o punire.
riconoscimento da parte dell’assassino del fatto che quella donna che ha
davanti non è una sua appendice, un essere sottoposto al suo volere, ma
è una Persona la cui dignità e libertà di scelta va rispettata. Una
Persona con cui mettersi in relazione, non da correggere, proteggere,
educare o punire.
Non importa se gli uomini dicono che ci ammazzano per amore, per
vendetta, per onore, o per giustizia divina.
vendetta, per onore, o per giustizia divina.
Non importa se a chi governa fa comodo strumentalizzare queste
giustificazioni per stringere la morsa del controllo sociale e portare
avanti politiche securitarie.
giustificazioni per stringere la morsa del controllo sociale e portare
avanti politiche securitarie.
Che lo facciano per forza di numeri, ma non con la nostra
connivenza, non in nostro nome.
connivenza, non in nostro nome.
Noi ci siamo per ribadire che la nostra vita e la nostra libertà di
scelta hanno un valore assoluto, sempre. E che non ci devono essere
giustificazioni per nessuno: né per il padre geloso né per il padre
fondamentalista.
scelta hanno un valore assoluto, sempre. E che non ci devono essere
giustificazioni per nessuno: né per il padre geloso né per il padre
fondamentalista.
http://femminicidio.blogspot.com/
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Postato
da Barbara Spinelli su FEMMINICIDIO il 9/17/2009 01:25:00
AM
Un padre che uccide la figlia è solo un barbaro senza nessun orgoglio, una larva che ha preso la forma di essere umano.