DENUNCIAMO L’OFFENSIVA SESSISTA 08 MARZO 2007

DENUNCIAMO L’OFFENSIVA SESSISTA
“Quelle che non ci stanno” nasce nel settembre 2006 in seguito al tentato stupro subito da una di noi.
Nasce dall’esigenza di alcune donne e lesbiche di nominare lo stupro per quello che è e contrastare le definizioni false e manipolate che ne vengono date.
Nasce dall’esigenza di diventare protagoniste attive e non più spettatrici passive contro la violenza che quotidianamente i nostri corpi subiscono.
Abbiamo scelto la pratica della denuncia pubblica e separatista attraverso la nostra presenza nelle piazze e nei luoghi in cui le donne sono state stuprate.
La nostra solidarietà si traduce in forza, la forza di reagire, denunciare e invertire la logica strumentale del patriarcato che ci vuole solo vittime.
Solo tra donne pensiamo sia possibile esprimere la volontà e l’energia che ci permettono di uscire dai ruoli e dai legami sociali tradizionali dove si annida la violenza che subiamo quotidianamente.
Ci hanno insegnato ad essere accondiscendenti e a interiorizzare come naturale un comportamento docile e disponibile. Ci hanno insegnato ad anteporre sempre e comunque gli altri a noi stesse, ad annegare nella tolleranza, ad avvelenarci nel perdono.

Non inghiottiamo qualsiasi umiliazione. Non inibiamo l’odio.
REAGIAMO
Non abbiamo paura di essere etichettate pazze o isteriche quando reagiamo.
Più diventiamo consapevoli che lo stupro è parte integrante del nostro sistema sociale, più cresce il desiderio di ricercare e creare spazi di socialità appaganti. Non  siamo spinte dall’allarmismo emergenziale che sbatte lo stupro nelle pagine dei giornali quando non ha una notizia da copertina e per questo la nostra lotta non si fermerà quando qualcuno ci infermerà dalle testate degli stessi giornali che l’emergenza è rientrata o quando il silenzio tornerà a coprire la guerra contro le donne nelle case..
Siamo ben coscienti che stampa ed istituzioni si destano da un sonno secolare solo quando non hanno scelta.
Si ricordano dei corpi delle donne solo per strumentalizzarli a scopo economico o per legiferare, utilizzando termini come “tutela del soggetto debole”, con lo scopo di stringere ancora di più la morsa del controllo sociale.
Non ci sentiamo soggetto debole e non ci sentiamo oggetto da vendere o da acquistare.
I nostri corpi da sempre sezionati e studiati oggi si dimenano e occupano spazi.
Ci propongono lo stupro come se fosse una cosa che è nella natura stessa del rapporto uomo-donna, ma noi non abbiamo nessuna intenzione di interiorizzarlo come normalità.
Pensiamo di vivere a livello planetario una guerra tra i sessi, eclatante, evidente, ma non dichiarata, che miete milioni di vittime.
Vediamo che la violenza contro le donne e le lesbiche produce terrore, paura e morte e quindi la chiamiamo con il suo nome: terrorismo.
Donne uccise perché donne.
Questa strage quotidiana, occultata dal potere patriarcale attraverso i suoi strumenti (vaticano, stato, stampa, etc), noi la definiamo Femminicidio.
Femminicidio è un termine politico che ci appartiene e rende giustizia a ogni donna e lesbica, che dopo essere stata stuprata e uccisa, è stata relegata nel dimenticatoio del delitto passionale, o ancora peggio, nella sfera del privato.
Sappiamo bene che la prima causa di morte per le donne nel mondo è l’omicidio commesso da un uomo.
Omicidio di donne che raramente avviene nelle strade ad opera di sconosciuti. Gli autori sono quasi sempre conoscenti, amici, mariti, ex fidanzati, fratelli, suoceri che hanno in comune l’appartenenza a un genere, quello maschile, e il movente, impedire l’autodeterminazione della donna.
Lo stupratore raramente è un deviante. Quasi sempre è un uomo qualunque che fa quello che gli è stato insegnato, ed agisce il suo privilegio di maschio virile con il consenso, anche se nascosto, dei suoi amici.
Lo stupratore è il braccio armato di una società che ha fatto della paura del diverso la sua forza.
Lo stupro è un atto che riproduce la supremazia dell’individuo sull’individuo e della società sulle donne. E’ l’accentuazione distruttiva di una violenza più generale e quotidiana.
Chi violenta e uccide è sempre maschio, garantito e protetto dall’appartenenza al genere maschile.
Uccidere una donna e una lesbica oggi in qualsiasi parte del mondo è possibile grazie alla copertura continua fornita da chi riconosce in questo metodo lo strumento più efficace per zittire, annientare e rendere invisibile ogni forma di reazione che le donne attuano.
Infatti, la violenza più profonda, la più radicata è quella antecedente e successiva al singolo episodio di stupro. L’aspetto peggiore è la mancanza di solidarietà e l’esplicita ostilità che la società dimostra alla vittima e alla donna “emancipata”.
Lo stato e la chiesa in primis sono responsabili di leggi e anatemi che ufficializzano la supremazia del maschio sulla donna, basano sulla subordinazione della donna il successo del sistema economico e del controllo sociale al punto di vista economico e sociale, e fondano sul possesso dei corpi delle donne i privilegi maschili.
La chiesa distribuisce benedizioni su tutta la normativa e le forme di interdizione attuate contro le donne e le lesbiche.
       Riteniamo importante ritornare ad attraversare e a riprenderci gli spazi che ci vorrebbero interdire con la violenza, e ricordare a chi agisce violenza che donne e lesbiche non dimenticano.
        Per questi motivi abbiamo manifestato pubblicamente:
·    Al parco nord di Bologna alla festa dell’Unità, il 10 settembre2006, luogo all’uscita del quale è stata aggredita Mara.
·    Al quartiere Cirenaica di Bologna, il 1 ottobre 2006, quartiere nel quale è stata violentata e picchiata una ragazza.
·    In zona universitaria nei giorni successivi all’aggressione, zona di frequentazione dei due studenti che hanno aggredito la ragazza in Cirenaica.
·    Nel centro di Bologna sotto le due torri luogo di visibilità e di passaggio di tante aggredite e di tanti aggressori.
·    Ai giardini margherita, il 29 ottobre 06, parco nel quale è stata massacrata di botte una ragazza solo per non aver assecondato gli uomini che la importunavano.
·    A Crevalcore, il 2 dicembre 2006 luogo di residenza di Luigi Maraia, aggressore di Mara
·    Il 27 gennaio 07, in piazza dell’Unità, in seguito all’aggressione avvenuta i primi di gennaio tra via Stalingrado e il Centro Commerciale Minganti, e per ricordare lo stupro in via Tibaldi di due anni fa.
·    Oggi 8 marzo 2007, siamo qui in piazza Nettuno con una mostra, “Le armi di una donna > o …ogni tanto un diversivo”, che vuole dare voce alla capacità di reazione delle donne, la cui idea abbiamo preso in prestito dalle compagne di Kassel.
Crediamo, a partire dall’analisi del reale, che oggi l’autodifesa sia un’opzione irrinunciabile per ogni donna e lesbica che abbia l’ambizione di tenere lontana da sé la violenza. Siamo convinte che il corpo possa trasformarsi da luogo dell’attacco a luogo della difesa, così come siamo persuase che solo la solidarietà fra donne e lesbiche e l’attenzione che prestiamo a noi stesse ed alle altre possa garantirci e tutelarci.
Riconosciamo enormi responsabilità alle istituzioni locali e nazionali che intervengono raramente con sostegni concreti a chi subisce violenza, che sono incapaci di mantenere i finanziamenti alle associazioni di donne che agiscono da tempo sul territorio e che ostacolano da sempre ogni iniziativa autorganizzata delle donne e delle lesbiche, sottraendo loro spazi separatisti di socialità e di confronto.
 
Nonostante la guerra che ci fanno… continuiamo ad esistere

Quelle che non ci stanno
Bologna 8 marzo 2007
maragridaforte@inventati.org

ps. Quelle che non ci stanno si incontrano tutti i lunedì ad Atlantide alle h 21, è uno spazio di analisi, socialità e azione aperto a tutte.

Questa voce è stata pubblicata in Documenti ed interventi pubblici. Contrassegna il permalink.